TELEFONIMMOBILI

...quelli sempre liberi quando si tratta di non farsi trovare.

venerdì, ottobre 17, 2008

Correndo...

...il cuore batte all'impazzata. Decidetti di correre il più veloce possibile.
Per tutto il tempo possibile, fino a farmi impazzire.
Il cuore reggeva. Una gara fra me e lui.
Fra me e me.
Le gambe non mi reggono più. Traditrici! Non potete allearvi con lui... Non ve lo permetto! Dobbiamo strapparlo alla ragione, dobbiamo imporgli battiti casuali ed aritmici, violenti, spasmodici, disperati. Non potete fermarvi proprio ora!
La strada saliva. Bene. Avrei spinto il mio corpo oltre il confine stabilito dalla natura e dalla fisica. Avrei corso, corso velocissimo per lasciarmi impazzire, per vedere se con un cuore folle le cose sarebbero andate meglio o peggio. Non importava questa differenza tra nero e bianco, importante era cambiare. Anche finendo nella peggiore delle braci.
Un rumore assordante. Un grido innaturale, come di cavallo ferito.
Un colpo prepotente che pervade il mio corpo per intero.
Silenzio.
Il nulla non percepito. Poi un urlo martellante e continuo mi riporta a percepire. Mani sconosciute mi affondano il dolore dentro la carne ad ogni loro sfiorarmi, toccarmi, prendermi, spostarmi. Mi infilano dritto fra le braccia di quell'assordante ed infinito urlo straziante. Ci sono dentro. Continuo a correre, ancora più veloce, per quanto il mio corpo sia fermo.
Immobile.
Non percepisco più il nulla che mi inghiotte.
Non avrò mai più coscienza di questo nulla con il quale dovrò convivere per sempre.
Una convivenza forzata con uno sconosciuto.

mercoledì, dicembre 19, 2007

Contrazioni

Contrai... Rilassa... Contrai... Tutto intorno solo buio; un buio che più cieco è impossibile trovare. Non un filo d'aria. Rilassa... Contrai... Rilassa... Un odore strano, indefinibile, accompagnava quelle interminabili ore di lavoro. Ore che si seguivano come piccole perline nel filo di una collana senza fine. Contrai... Rilassa... Contrai... Il silenzio era l'unico a mancare all'appello, sporcato da rumori sordi provenienti dall'esterno e da altri più liquidi ed impuri che si aggiravano fra quel luogo privo di luce. Luce.
La luce apparve accecante e improvvisa Contrai..Rilassa..Contrai... I suoni divennero chiari Contrai.Rilassa.Contrai e vivi e gli odori RilassaContraiRilassa si dispersero nell'aria lasciando il posto a nuovi profumi ContraiRilassaContraiRilassaContrai.

Fermo!

Per lui non c'era più niente da fare. Ma il suo cuore poté vedere il mondo, per pochi attimi, prima di arrestarsi.

sabato, marzo 24, 2007

8- La sera...

...arrivò senza dare troppo nell'occhio. Ma, anche se fosse stata annunciata dal suono di cento trombe apocalittiche, non me ne sarei accorto, impegnato com'ero a tentare di liberarmi dalle corde e a parlare con qualche Dio in un modo che di certo non poteva piacergli.
Hey russava.
Russava da ore. Me ne resi conto improvvisamente e spostai la mia attenzione dal Dio a caso a lui. Gli gridai di provare a fare qualcosa, che quando ero piccolo, fra una visione poco rassicurante di mia madre, battona alcolizzata con capelli e vestaglia rossi, entrambi mai tenuti al loro posto, ed un papà in affitto, sempre diverso ma sempre pronto a prendermi a calci, vedevo in tv telefilm con cani capaci di aiutare i loro padroni anche a costruire un modellino di veliero o ad operare a cuore aperto un canarino. E quel rognoso non era buono di fare altro che russare indifferente!
Abbaiò. Abbaiò rabbiosamente contro la porta marcia e chiusa.
La porta si aprì ed entrò lei.
Sarebbe stato molto meglio se fossero entrate, tutte in una volta, le centinaia di mafiosi che avevo truffato nelle bische.
Non pensai più a Hey, a mia madre, ai padri in affitto.
Non pensai più a quale insulto non avevo ancora indirizzato all'ipotetico ascolto di un ipotetico dio.
Pensai una sola cosa, velocemente e dolorosamente: è la fine!
Già che c'ero, mi pisciai addosso.

lunedì, marzo 19, 2007

7- L'umidità...

...mi stava distruggendo. Forse avevo lasciato la finestra aperta. Il collo era rigido. Troppa birra la sera, prima di addormentarmi, è cattiva abitudine. Smetterò.
Cercai di aprire gli occhi bestemmiando contro me stesso, per essermi addormentato di nuovo sulla poltrona, ma non riuscivo a tirare su quei maledetti piccoli lembi di pelle e decisi di strisciare fino al cesso, per levarmi la solita colla notturna dagli occhi.
Non riesco a muovermi...
Qualcosa mi tiene fermo...
Iniziai a realizzare.
Ero stato rapito da qualcuno e portato in questo posto umido. Devo aprire gli occhi.
Devo.
Le pareti di casa mia, invece di rassicurarmi, fanno crescere la mia agitazione; ad eccezione del mio petto, che si gonfia e si sgonfia ad un ritmo impreciso e troppo veloce per evitare un infarto, resto immobile e zitto come mai in tutta la mia sporca vita.
Qulcosa di viscido mi striscia sui polsi e, senza deciderlo razionalmente, rompo il silenzio gridando le peggiori bestemmie che ho collezionato nella memoria in troppi anni di bische, bar e lavori saltuari in porto.
"Chi cazzo sei?"

Tosse.

"Chi siete?"

Rischio di soffocare per un pezzo di catarro che mi scivola giù nei polmoni.

"Cosa volete?!"

Silenzio.

Anche io torno a tacere, provato da vani sforzi.
Un ticchettio strano inizia a propagarsi intorno a me fino ad aggirarmi completamente.
Erano i passi del cane che mi si era seduto davanti.
Era Hey.
Cosa ci facevo in casa mia, legato? Perché ero solo con quel piccolo sacco di pulci, bastarde come lui, che continuava a molestarmi con la sua presenza?
Qualcosa non tornava...

venerdì, marzo 16, 2007

6- La polvere...

...si stava rigettando per terra in modo disordinato. Hey era sparito, rapito dalla sua codardia e la mia vista, annebbiata da quel fumo improvviso, non mi era certo di aiuto per capire che cosa stesse succedendo.
Il rumore inconfondibile di un'auto, che inchiodava con sgommate imposte da un deciso strattone al freno a mano, era l'unica cosa a cui mi potevo aggrappare per cercare di capire che cosa diavolo stesse succedendo.
Movimenti veloci.
Non potevo prevedere niente.
Non potevo vedere niente...
Una secca fitta dietro il collo mi impose di chiudere gli occhi. Ma, poco prima di andare a baciare la polvere che alcuni attimi fa' mi si era aggrappata alla vista, scoprii di essere un bastardo diffidente e prevenuto.
Quel fastidioso grido era inconfondibile: Hey non mi aveva abbandonato.

venerdì, febbraio 23, 2007

5- Quel bastardo...

...aveva pure il coraggio di mettersi a ringhiare.
Ma io lo avevo capito bene, fra codardi ci si intende! Sapeva di avermi fatto un torto non da poco, e ora si parava le terga facendo la voce grossa.
Mi alzai in piedi frastornato e lento come una tartaruga bicentenaria prossima al trapasso. Guardai quella bestia e scossi il capo, ridendo.

Mi avviai in direzione opposta rispetto a casa mia. Il bastardino mi iniziò a seguire, come fanno i cani come lui: fingendo indifferenza nel peggiore dei modi, con risultati ridicoli.
Lo ignorai.
Tanto sapevo, che avrebbe vinto lui; l'alternativa sarebbe stata prenderlo a pietrate di santa ragione, ma non ne valeva la pena. E poi, uno straccio di amico, non mi sarebbe stato tanto stretto.
Non gli diedi mai un nome. Lui fu, per i 9 anni successivi, semplicemente "Hey".
Il mio stomaco stava iniziando ad odiarmi. Era chissà che ora di chissà quale giorno e non mangiavo da non so più quando.
Quel piccolo bastardo era sparito ed ero rimasto nuovamente solo.
Mi rannicchiai ai bordi della statale 17, pensando sul da farsi (che ridicolo pezzente!), quando un nuovo colpo fu inferto al mio povero cuore pazzo. Riprendendomi con non poca fatica dal rischio d'infarto, alleggerii i miei occhi da mille veli di lacrime catarrose e sgranai gli occhi sorpreso.
Una gallina col collo spezzato mi era stata scaraventata fra le gambe.

Dio è misericordioso e onnipotente!

Poi un verso stridulo e dilaniatimpani, mi riportò alla realtà più evidente.

Hey era un ladro di polli.

mercoledì, febbraio 07, 2007

4- Il caldo...

...era piacevole. La spiaggia, il mare, il rumore delle onde. Adoravo, quel suono. Un quartetto d'archi sfiorato in punta d'archetto. Un ensemble di fiati che ti culla dolcemente con melodie accattivanti e leggere... Il mare.
E il sole; soprattutto lui. Da sempre provo un sussulto fra le gambe, quando sento la mia pelle riscaldarsi al calore dei raggi solari. E il caldo di quel momento, sul mio viso bagnato, mi stava letteralmente eccitando. Fantasticavo di donne che avrei voluto avere, ripensavo a quelle avute.
Ero enormemente eccitato. E la mia faccia bruciava al calore abbagliante che stava tenendo sotto scacco quella spiaggia.
Strana spiaggia. Il mare si era fermato. Il calore stava lentamente scivolando dalla mia fronte per lasciare spazio solo ad una sensazione di umido. Aprii gli occhi e capii di essermi addormentato dopo la micidiale corsa che la mia codardia mi aveva imposto.
Mi ci volle poco per capire; il cane che mi osservava stupito dal fatto che non fossi morto mi aveva appena pisciato in faccia.

mercoledì, gennaio 31, 2007

3- Era molto più buio...

...di quanto mi aspettassi! Ero rimasto immobile, immerso nel mio miserabile nulla, per troppo tempo. La finestra del cesso dà sul retro.
Correndo senza meta, con il fiato talmente corto da farmi deridere dal più disagiato dei tisici, pensai che non fossi poi tanto sfortunato; la mano sconosciuta era anche solitaria, sapevo come vanno certe cose. Il retro di una casa indipendente non è mai lasciato in pasto alle tenebre senza che ci sia qualcuno ad osservare che la preda, il lurido topo di fogna che si va cercando, resti rintanato nella sua baracca, senza vie di fuga.
Invece eccomi qua.
Per niente sano, forse nemmeno salvo, ma di sicuro non in trappola. Chi bussava non era abbastanza in collera da presentarsi con i rinforzi, non che per un vigliacco come me fossero necessarie chissà quante mani, per pestarmi.
Correvo sempre più lentamente sulle mie gambe da alcolizzato, con il cuore che sembrava non avesse più nessuna intenzione di restare al suo posto.
Mi sdraiai fra gli alberi. A dirla tutta: caddi stremato fra gli alberi.
E sorrisi.
Gliel'avevo fatta.

Almeno per ora.

domenica, gennaio 28, 2007

2- Ingoiai i miei rantoli...

...e decisi di non fiatare. Sapere da chi partisse tanta foga, non m'interessava. Di sicuro era una scocciatura. Troppi uomini volevano picchiarmi.
Troppe donne avrebbero voluto uccidermi.
Rimasi immobile.
Fanculo!
I colpi iniziarono nuovamente, facendomi prima sussultare, poi innervosire. Maledetti scocciatori... Maledetta vita!
Fingere di non essere in casa era inutile. Sapevo bene che quella porta marcia non avrebbe resistito ancora per molto, sotto quei colpi furibondi. Vigliacco scocciatore! Bussava senza emettere un solo gemito. Non potevo capire chi fosse... Tirai su le mie vecchie ossa dall'unica amica rimasta, quella poltrona di pelle dall'indefinibile colore, e strisciai come un miserabile topo di fogna verso il cesso. Grazie a non so quale dio, la porta era aperta, altrimenti mi sarei fatto scoprire, perché quella maledetta cigolava che sambrava un gattaccio in calore!
Allungai il braccio verso la maniglia della finestra, la afferrai e girai nervosamente.
Scavalcai il davanzale dando così inizio alla mia chissà quanto lunga (ma sicuramente stupida) fuga.

venerdì, dicembre 29, 2006

1- Tornai a casa...

...e mi gettai sull'unica poltrona del mio inospitale salotto. Provavo una specie di odio. Per me, per gli altri, per quella squallida prostituta che aveva ferito i miei sentimenti e saccheggiato i miei ultimi fogli di carta ai quali gli uomini danno tanta importanza. Si, avete capito bene. I soldi.
E' sempre una questione di soldi, tutto gira intorno ad una cosa che materialmente vale meno di zero. Pezzetti di carta scarabocchiata.
La mia poltrona mi abbraccia, mi culla, mentre mi gratto la barba e mi massaggio distrattamente fra le gambe.
Questione di soldi. Finiti.
Tutto finito.
E senza soldi non posso rimpiazzare niente. Voglia di bere tanta. Presenza di alcolici in questa topaia nessuna.
Sospiro e guardo il soffitto, dal quale pende immobile una lampadina da cartone animato. Le pareti sono infestate da alcuni quadretti di poco valore, intervallati da altri invisibili; solo macchie lasciate lì da chissà quale stampa di cattivo gusto. Sembra la scenografia di un sogno strano ed inquietante, ma non ha nemmeno la dignità di essere qualcosa che muova un solo sentimento, onirico o reale.
La dignità; ecco cosa mi manca.
E i soldi.
Una bussata fin troppo energica alla mia porta ammuffita mi irrita, destandomi dai pensieri vuoti che mi stavano per accompagnare in qualche luogo notturno dell'incoscienza, certamente migliore di questo.
Una fitta al petto mi strizza i polmoni facendomi rantolare.
Continuano a bussare.


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